Descrizione Progetto

Anna Karènina: un amore, una vita

Il personaggio, nonostante sia la protagonista di un romanzo dell’Ottocento, risulta a sorpresa essere incredibilmente attuale e capace di stimolare nuove riflessioni sul matrimonio e sull’amore.

Secondo Nabokov, Anna Karénina, una delle più attraenti eroine della letteratura mondiale, è una donna fondamentalmente condannata.

Data in sposa giovanissima ad un promettente funzionario con una splendida carriera burocratica, Anna vive soddisfatta negli ambienti più scintillanti dell’alta società di Pietroburgo.

Adora il figlioletto, rispetta il marito di vent’anni più vecchio di lei e la sua natura vivace ed ottimistica gode di tutti i piaceri che la vita le offre.

Quando conosce Vrònskij, in occasione di un viaggio a Moscase ne innamora profondamente e questo amore trasforma tutto ciò che la circonda, le fa vedere ogni cosa sotto una luce differente.

Anna non è solo una donna e non è solo uno splendido esemplare di femminilità, è una creatura con una piena, compatta e importante natura morale.

Tutto in lei è significativo e rilevante e ciò vale anche per l’amore.

Non può accontentarsi di una relazione clandestina, la sua natura sincera e appassionata rende impossibili la dissimulazione e la segretezza.
Non è Emma Bovary, una sognatrice di provincia che passa strisciando lungo mura cadenti per raggiungere i letti di amanti intercambiabili.

Anna dona a Vrònskij l’intera sua vita, acconsente a separarsi dal figlioletto adorato e va a vivere con lui prima in Italia, poi nella casa di campagna di Vrònskij nella Russia centrale, anche se questa relazione, ormai di dominio pubblico, la bolla come donna immorale agli occhi del suo ambiente.

Infine Anna e Vrònskij tornano  a vivere in città e lei scandalizza quella società ipocrita non tanto per la sua relazione amorosa, quanto per l’aperta sfida alle convenzioni sociali.
Mentre Anna sostiene l’urto della collera della società e viene sprezzata e snobbata, insultata e messa al bando, Vrònskij, essendo un uomo, un uomo non molto profondo e in nessun modo uomo dotato, solo un uomo alla moda, non è toccato dallo scandalo: riceve inviti, va dappertutto, incontra i vecchi amici, viene presentato a donne apparentemente perbene che non rimarrebbero un istante in una stanza in cui fosse presente la disonorata Anna.

Vrònskij ama Anna, ma a volte gli fa piacere tornare nel mondo dei divertimenti e della moda e comincia ad approfittare ogni tanto dei propri vantaggi.

Anna interpreta erroneamente certe futili infedeltà come un calo della sua temperatura amorosa.
Sente che non gli basta più l’affetto che lei gli dà e che potrebbe perderlo.
Vrònskij, uomo ottuso e di mediocre intelligenza, non sopporta questa gelosia e sembra quindi confermare i sospetti di Anna. Spinta dalla disperazione, dalla melma e dal disordine in cui si sta dibattendo la sua passione, Anna, una domenica sera di maggio si getta sotto un treno merci. Vrònskij si rende conto troppo tardi di ciò che ha perduto e parte per il fronte nella guerra con la Turchia, con un battaglione di volontari.

Nel capitolo Anna Karénina: mille e una critica, oltre a quella di  Nabokov, vengono riportate altre letture critiche del personaggio di Anna: Da quella di Kundera, a quella di Ripellino, Da Lukacs alla Mandelker, dalla Zazzo ad Affinati, da Yehoshua alla Vitale, per non citare molte altre critiche famose.

Le mie riflessioni sul personaggio mi hanno portato a vedere Anna come una donna coraggiosa e moderna, protagonista in prima persona del suo destino.
Essa rivendica la sua personalità e la sua dignità di essere umano che desidera dare un senso alla propria esistenza.
Anna non cerca l’avventura, non è una donna leggera che si lascia trascinare in qualsiasi situazione possa gratificarla. Sicuramente è in una fase in cui desidera, anche se non in modo del tutto consapevole, un profondo cambiamento.
Il suo pensiero però non corre a Dio, alla fede, non è questa la strada che sente di percorrere, anche se non sa quale sia veramente la “sua“ strada. L’incontro con Vrònskij è fatale.
Anna non si fa scegliere e corteggiare, Anna sceglie ed è di una lucidità sorprendente, nonostante l’apparente confusione emotiva.
Non è una donna falsa, che ama mentire, le ripugna far finta di niente col marito, fingere che tutto sia come prima mentre lei prova nei suoi confronti un disgusto sempre più evidente.
Tuttavia, quando diviene l’amante di Vrònskij, Anna non può fare a meno di sentirsi colpevole, piena di  vergogna. Quanto più è forte la sua passione per l’uomo, tanto più sente orrore e vergogna di se stessa, perché Anna è una donna limpida e sincera, non ama le menzogne né i sotterfugi e per questo motivo avrebbe preferito unirsi con Vrònskij alla luce del sole, senza mentire al marito.
Ma il suo amore per il figlio la porta all’inizio a scegliere un rapporto clandestino.

La storia di Anna Karénina è vista e interpretata anche alla luce di un quadro storico e letterario che vede il personaggio a confronto con le altre donne “perdute” dell’Ottocento, da Emma Bovary a Margherita Gautier, a EffieBriest a Hester Prynne.

La lenta e graduale affermazione della donna nella società borghese pone una serie di nuovi interrogativi sul suo ruolo a cui la società risponde con regole di comportamento molto ferree dalle quali non è possibile derogare. Il problema di fondo è che alla figura femminile è legato il concetto di Eros, sono legate le pulsioni più profonde e primordiali dell’uomo che aspirano ad essere soddisfatte.

L’uomo ha sempre pensato alle sue esigenze sessuali, negando letteralmente questo privilegio al mondo femminile, e l’ha fatto tenendo sotto controllo la sessualità della donna.

La donna onesta, moglie e madre assennata, non ha una sua vita sessuale o è come se non l’avesse. A questo contribuisce non solo la società con la sua pressione e il suo controllo, ma soprattutto la religione, per la quale la donna è solo e unicamente un mezzo passivo di procreazione.

La religione costruisce una gabbia, fatta di divieti e regole morali, intorno alla donna soffocandola nel suo ruolo di moglie e di madre, senza concederle altre opportunità, salvo essere messa al bando dal consesso sociale di appartenenza.

Che rompe questo cerchio, che ha il coraggio di uscire dalla gabbia, che cerca di dare alla propria un significato diverso da quello stabilito dagli altri, viene considerata una “donna perduta”, una donna cioè che ha perso i requisiti per essere accettata in società, una donna che nessuno vorrà o potrà sposare senza portare la vergogna nella propria famiglia.

Quando parliamo dunque di “donne perdute”, parliamo di una piccola minoranza di donne che escono dal solco già tracciato delle loro vite e che sperimentano percorsi diversi per arrivare a costruire la loro identità.

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