Io e la scrittura

Il bisogno di scrivere, come del resto quello di disegnare, dipingere e in generale fare e produrre arte, è un bisogno tanto essenziale e profondo quanto composito.

Come scrive Stefano Ferrari, c’è in esso innanzitutto la dimensione puramente funzionale, collegata alla fisicità, alla materialità del gesto che possiamo mettere in relazione sia con la funzione liberatoria dell’alleviamento di una tensione interna attraverso la scarica motoria, sia con la soddisfazione e il conseguente piacere di una più generale tendenza ad esternare e oggettivare la propria psichicità.

Nel mio caso, la voglia di scrivere è arrivata tardi, dopo il mio pensionamento.
Sono sempre stata, fin da piccola, una grande lettrice, di quelle proprio voraci, ma non avevo mai pensato seriamente alla possibilità di scrivere.

È stato il mio professore di Psicologia dell’Arte e della Letteratura, Antonio Fusco, a sollecitarmi a farlo, riconoscendo in me, bontà sua, le qualità di una scrittrice.

Il tutto è iniziato con la mia seconda laurea in Scienze dell’educazione e della formazione conseguita presso l’Università di Cassino nel 2012. 
Fu proprio la tesi di laurea sui racconti di Franz Kafka che mi mise in luce con il professor Fusco.
Da allora è iniziata la mia collaborazione con il dipartimento di Psicologia che mi ha portato alla pubblicazione del mio primo saggio edito nel 2013 dalla casa editrice Rubbettino, dal titolo: Luis Buñuel. Dio, La donna e l’enigma.

Và dove ti porta il cuore

Potrei citare la Tamaro e giustificare così la mia scelta successiva che mi ha portato a scrivere un saggio sul personaggio tolstoiano di Anna Karénina.

È stata la rilettura dopo tanti anni, con la maturità acquisita nel tempo, del romanzo di Tostoj, a sollecitarmi un grande interesse nei confronti di Anna che è diventata la protagonista del secondo saggio, edito da Aracne nel 2013.

Il titolo “Anna Karénina: un amore, una vita”.

Il mio interesse infantile per il vampirismo si è concretizzato in una ricerca approfondita che è approdata alla pubblicazione di un saggio sull’argomento “Il mito di Dracula. Dall’oscurità delle origini, ai meandri dell’inconscio al buio della sala cinematografica” pubblicato da Aracne editrice nel 2013.

Mi è capitato infatti di assistere da bambina alla proiezione del film “Dracula il vampiro” del ’58, interpretato dall’attore Cristopher Lee. Inutile dire che la visione del film mi ha traumatizzato, facendo però nascere una morbosa attrazione per il fenomeno del vampirismo.

Si tratta di un’analisi che spazia da quella più squisitamente filmica a quella socio-politica, a quella psicologica, a quella psicanalitica.

Edvige Gioia